Nato a Sarajevo (Bosnia Erzegovina) nel 1948, Braco Dimitrijević studia presso l’Accademia di Belle Arti di Zagabria prima di trasferirsi a Parigi, dove ha poi vissuto e lavorato per gran parte della sua carriera. È stato uno dei primi artisti a esplorare l’arte concettuale negli anni ’70, sfidando le convenzioni tradizionali e aprendo nuovi orizzonti espressivi.

Intorno alla metà degli anni Settanta, l’artista vive una prima significativa trasformazione artistica incorporando nelle sue installazioni dipinti originali presi in prestito da collezioni di musei. Nasce così il progetto Triptychos Post Historicus, realizzato in Musei come la Tate Gallery di Londra, il Louvre di Parigi e il Solomon R. Guggenheim Museum di New York, tanto per citarne alcuni. In questo progetto, le opere d’arte si fondono e convivono con oggetti di uso quotidiano.

Una delle opere più famose di Braco Dimitrijević è la serie intitolata “This Could be a Place of Historical Importance” (Questo potrebbe essere un luogo di importanza storica). In questa serie, l’artista inserisce targhe commemorative in luoghi casuali, come muri o pietre, attribuendo loro un significato storico immaginario. Con questo gesto, Dimitrijević mette in discussione la natura effimera delle opere d’arte e la nostra percezione della storia.

Una nuova svolta artistica risale agli anni Ottanta, quando Dimitrijevic inizia a realizzare installazioni con animali selvatici. Questo progetto lo porterà, nel 1998, alla grande mostra personale presso lo Zoo di Parigi, dove l’artista ha allestito installazioni nelle gabbie di leoni, tigri, coccodrilli, bisonti e cammelli. La mostra sarebbe stata visitata da oltre un milione di persone.

Braco Dimitrijević ha lasciato un’impronta significativa nel campo dell’arte contemporanea. La sua opera si distingue per l’uso di concetti e idee profonde, spesso esplorando temi come l’identità, la storia e la relazione tra l’individuo e la società. Più nel dettaglio, le opere di Braco Dimitrijević sono caratterizzate da un forte impegno concettuale. L’artista esplora temi come l’identità, la memoria, la storia e la relazione tra individuo e collettività. Spesso utilizza immagini e simboli iconici per comunicare i suoi messaggi, facendo riferimento a opere d’arte, figure storiche e archetipi culturali. La sua opera invita lo spettatore a riflettere sulla propria posizione nel contesto storico e sociale.

Braco Dimitrijević è stato uno dei primi artisti a esplorare l’arte pubblica. Le sue opere spesso si estendono oltre gli spazi tradizionali delle gallerie d’arte e coinvolgono il pubblico in contesti urbani. Ad esempio, nella serie “Casual Passer-by I Met At…” (Transeunte casuale che ho incontrato a…), l’artista presenta ritratti di persone comuni su pannelli pubblicitari, sfidando la distinzione tra l’individuo anonimo e il soggetto dell’arte.

Oltre alle numerose mostre personali di livello istituzionale, Braco Dimitrijević ha partecipato a Documenta 5 e 6 (1972 e 1977) e alla Biennale di Venezia (1990 e 1992).  Le sue opere sono conservate nelle più prestigiose collezioni al mondo tra le quali quella delle Tate Gallery (Londra), del Centre Pompidou (Parigi) e nella collezione Terrae Motusalla Reggia di Caserta.

M77 Gallery ha avuto l’onore di ospitare Travelling to Post History, personale dell’artista curata da Danilo Eccher. Per l’occasione, l’artista ha realizzato due opere inedite ideate quasi per dissacrare l’idea stessa di opera d’arte il concetto di artista.

Gallery Exhibition

M77 Gallery presenta Traveling to Post History, personale dell’artista bosniaco Braco Dimitrijević (Sarajevo, 1948).  La mostra è curata da Danilo Eccher e si sviluppa sui due piani della galleria di via Mecenate, proponendo un percorso che attraversa i temi principali della ricerca artistica di Dimitrijevic.

Ispirandosi alla sua produzione degli anni ’70, l’artista affronta il rapporto tra casualità e creatività con due grandi opere inedite realizzate appositamente per il progetto espositivo  che mettono in discussione, quasi dissacrando, l’idea stessa di opera d’arte e il concetto di artista. Già da quegli anni Dimitrijević, in anticipo sulla teorizzazione di un’estetica relazionale, si riferisce al ruolo dell’artista come a quello di un “arrangiatore”, che dispone una situazione iniziale di cui il pubblico è co-autore e il cui risultato finale è imprevedibile.

La mostra prende inizio con un’imponente installazione che vede protagoniste due barche le cui vele ritraggono i volti di artisti ed intellettuali quali Tesla, Modigliani Malevic e Goncharova, accomunati da vicende critiche alternanti e che hanno visto la propria fama essere riconosciuta solo molti anni dopo aver prodotto le opere per cui sono considerati dei maestri. Il percorso prosegue nella seconda sala dove l’attenzione si sposta su altre due serie di lavori dell’artista bosniaco articolate intorno alla grande installazione Heralds of Post History, già presente in Arts and Foods organizzata da  Germano Celant presso la Trenniale di Milano in occasione di Expo 2015. Le fotografie appartenenti alla serie Balkan Walzer ritraggono i volti di famosi compositori “sfregiati” da dei picconi i quali rompono la superficie del vetro e rimangono incastonati nell’opera insieme ad un peperoncino rosso a rievocare un rivolo di sangue. Questa serie introduce altri temi cari all’artista, la continua commistione tra natura e artificio (frutta, oggetti di uso comune) il ricorrere a personaggi della Storia per lui particolarmente significativi, da onorare, o stigmatizzare, esprimendo in questo modo giudizi etici ed estetici sulla Cultura, sull’Arte e il ruolo dell’artista. La seconda selezione di lavori è dedicata invece a un altro importante corpus nella produzione dell’artista che consiste in installazioni che creano incontri stranianti tra animali selvatici e opere d’arte. Dialoghi silenziosi in cui la natura e la cultura si fronteggiano in una dimensione sospesa.

Come suggerisce il titolo dell’esposizione, la ricerca di Braco Dimitrijević parte da una posizione critica nei confronti della Storia: l’artista ha sviluppato il concetto di “Post Storia” all’interno del trattato Tractatus Post Historicus del 1976, qualche anno prima della coniazione del Postmodernismo, definendola come coesistenza di concetti e modelli differenti, pluralismo della verità e tempo di una visione multi-angolare.

La causalità in realtà è il determinismo nascosto perché non c’è nulla di casuale, tutto va visto in una prospettiva cosmica” – spiega l’artista.  “Lo dimostrano i tanti errori della storia che mette ai margini persone come se fossero ‘passanti’ e poi li ripropone come eroi. Basti pensare a Kafka, El Greco dimenticato per 300 anni, Van Gogh e tanti altri. Io racconto questa storia”.

La mostra rimarrà aperta al pubblico dal 10 giugno al 28 settembre 2019 e sarà accompagnata da un catalogo in cui il curatore Danilo Eccher dialoga con l’artista.