M77 presenta, da martedì 9 aprile a sabato 8 giugno 2024, il nuovo progetto espositivo dedicato all’artista Tino Stefanoni (Lecco, 1937-2017), che restituisce un prezioso affondo sulla ricca e variegata produzione dell’artista.
La mostra Tino Stefanoni: La ricerca delle cose ripercorre l’affascinante carriera dell’artista attraverso i due piani della galleria. Coprendo la sua variegata produzione dagli anni Sessanta al XXI secolo, la mostra prende avvio al piano terra con opere storiche fortemente grafiche che rivelano la meticolosa esplorazione di Tino Stefanoni degli oggetti quotidiani. Il percorso espositivo prosegue al primo piano, seguendo l’intera ricerca dell’artista sulla rappresentazione del paesaggio vegetale e costruito, tra cui un’installazione pittorica immersiva, Stanza della pittura, raramente esposta da quando è stata realizzata nel 1991. La mostra è curata da Elizabeth Mangini, docente di Storia dell’arte e cultura visiva al California College of the Arts di San Francisco.
I primi lavori di Tino Stefanoni sono fortemente legati alle pratiche d’avanguardia degli anni ’60 e ’70 – concettualismo, pop e minimalismo – sebbene l’artista non abbia scelto di aderire esclusivamente a un movimento. Perseguendo la propria estetica grafica e la propria devozione alla sperimentazione materiale, Stefanoni ha creato oggetti che esaminano il nostro rapporto con le cose che definiscono la nostra esperienza quotidiana. Tazze da tè, imbuti, bicchieri, mestoli e bottiglie d’acqua calda, oltre a strumenti di disegno come penne, matite e compassi, dominano il linguaggio visivo dell’artista per oltre un decennio. Stefanoni ha inoltre sperimentato un’ampia varietà di materiali e processi come il pannello, la tela, il ferro e la plastica. Serie come Tavole su tela grezza o Elenco di cose rivelano il processo creativo dell’artista, che investe anche gli oggetti e le immagini più banali con un’atmosfera a volte giocosa, altre volte rigorosa e austera.
Stefanoni ha incluso paesaggi frammentati e in miniatura nelle sue prime opere degli anni Sessanta, la serie Riflessi, studiata dal critico/curatore francese Pierre Restany. Tuttavia, è solo negli anni Ottanta che l’artista si concentra esclusivamente su paesaggi dipinti. Queste opere, che hanno continuato a occupare l’artista per più di tre decenni, ricordano le composizioni metafisiche di Carrà e De Chirico, con atmosfere irreali. Stefanoni enfatizza pochi elementi in questi paesaggi, riducendo l’ambiente vissuto a semplici forme geometriche e silhouette. Sia attraverso gli oggetti quotidiani che impigliano il corpo, sia attraverso i paesaggi in cui si muove l’uomo, Tino Stefanoni ha esplorato l’apparenza del quotidiano alla ricerca della sua essenza, con intelligenza, rigore e un pizzico di umorismo.
La mostra Tino Stefanoni: La ricerca delle cose segna l’inizio della rappresentazione da parte di M77 dell’Archivio Tino Stefanoni. Questa collaborazione si inserisce nel progetto di ricerca che la galleria coltiva dal 2018, incentrato sulla valorizzazione di artisti italiani storicizzati e meno noti al grande pubblico che hanno contribuito in modo attivo e sostanziale alla scena artistica contemporanea. Da Maria Lai a Emilio Isgrò, da Alberto Biasi a Grazia Varisco, solo per citarne alcuni, la galleria continua a tracciare un percorso culturale caratterizzato dal ripercorrere, con un approccio nuovo e a volte sperimentale, le tappe fondamentali della storia dell’arte italiana del dopoguerra e non solo.
Accompagna il progetto espositivo un catalogo pubblicato da M77 per l’occasione, che alla documentazione fotografica della mostra affianca l’introduzione di Elizabeth Mangini e il testo di Luca Beatrice, curatore e critico d’arte.